domenica 5 novembre 2017

Un tempo era Fallo e basta!

Ho sempre preferito la figura di Dioniso a quella di Apollo. Sarà forse colpa di Nietzsche o magari non ho recepito bene l’importanza del principio di realtà freudiano, tuttavia ho sempre avuto l’impressione che se avessi fatto tacere con troppi bavagli il mio istinto del piacere, mi sarei ridotta ad una molecola sociale senza funzione e senza conflitti.
Ma si può vivere senza conflitti?
Non ci sono cambiamenti senza rivoluzioni, per questo motivo ho deciso di riprendere – anche se con una veste meno sex e più city – la mia rubrica.
Mi perdoneranno i benpensanti che hanno sempre letto Fallo e basta! con lenti puritane e con lo spirito di un criceto morto: il mondo è bello perché è vario ma quando si trasforma in qualcosa di avariato significa che è giunto il momento di fare posto dentro il sacchetto dell’umido.
Il rasoio di Ockham è lo strumento ideale per ripristinare le giuste priorità, ma il metodo del buon filosofo inglese può essere un’arma a doppio taglio, arma che va maneggiata con cura. Perché non tutti i peli vanno estirpati, solo quelli che si incarniscono devono essere eliminati radicalmente, anche se in un modo non sempre indolore.
Invece, pare che per qualcuno gli unici che andrebbero estirpati sono i peli pubici perché se Dio li ha voluti nascondere dentro le mutande, significa pur qualcosa. Peccato che la biancheria sembra avere due essenziali funzioni: proteggere igienicamente le parti intime e ricordare che spesso dietro un non detto si celano infinite dolci parole. Nascondere non significa sempre dissimulare, alle volte è un semplice provocare. Ma parlare di sesso fa figo se non è una figa a farlo, parlare di sesso fa maschio se a parlare è il cervello del secondo chakra senza l’aiuto del settimo.
L’anno scorso, quando mi sono sentita di interrompere la mia rubrica, non è stato un momento esaltante per quelle che sarebbero dovute essere le mie certezze di donna emancipata: coloro che non gradivano i miei scritti non mi hanno obbligata a tacere, si sono limitati a consegnarmi il bavaglio. Il resto l’ho fatto io, tutto da sola.  
Paura? Stanchezza? Magari entrambi.
Mi sono presa il mio tempo, ho ascoltato il silenzio e mi sono ricordata che provengo da una cultura in cui la parola “Ti amo” non esiste. Per noi sardi il “Ti stimo” ha un significato di profonda devozione alla propria individualità di esseri pensanti e al concetto che l’altro non è un mero oggetto da possedere. Mi sono ricordata che i quattro mori si sono tolti la benda.

Noi siamo anche il posto dal quale proveniamo e la voce del mare che ho dentro di me mi dice di essere me stessa. Mi dice: Fallo e basta!
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