Ho sempre
preferito la figura di Dioniso a quella di Apollo. Sarà forse colpa di
Nietzsche o magari non ho recepito bene l’importanza del principio di realtà freudiano,
tuttavia ho sempre avuto l’impressione che se avessi fatto tacere con troppi
bavagli il mio istinto del piacere, mi sarei ridotta ad una molecola sociale
senza funzione e senza conflitti.
Ma si può
vivere senza conflitti?
Non ci
sono cambiamenti senza rivoluzioni, per questo motivo ho deciso di riprendere –
anche se con una veste meno sex e più city – la mia rubrica.
Mi perdoneranno
i benpensanti che hanno sempre letto Fallo e basta! con lenti puritane e con lo
spirito di un criceto morto: il mondo è bello perché è vario ma quando si
trasforma in qualcosa di avariato significa che è giunto il momento di fare
posto dentro il sacchetto dell’umido.
Il rasoio
di Ockham è lo strumento ideale per ripristinare le giuste priorità, ma il
metodo del buon filosofo inglese può essere un’arma a doppio taglio, arma che
va maneggiata con cura. Perché non tutti i peli vanno estirpati, solo quelli
che si incarniscono devono essere eliminati radicalmente, anche se in un modo
non sempre indolore.
Invece,
pare che per qualcuno gli unici che andrebbero estirpati sono i peli pubici perché
se Dio li ha voluti nascondere dentro le mutande, significa pur qualcosa. Peccato
che la biancheria sembra avere due essenziali funzioni: proteggere
igienicamente le parti intime e ricordare che spesso dietro un non detto si
celano infinite dolci parole. Nascondere non significa sempre dissimulare, alle
volte è un semplice provocare. Ma parlare di sesso fa figo se non è una figa a
farlo, parlare di sesso fa maschio se a parlare è il cervello del secondo
chakra senza l’aiuto del settimo.
L’anno
scorso, quando mi sono sentita di interrompere la mia rubrica, non è stato un
momento esaltante per quelle che sarebbero dovute essere le mie certezze di
donna emancipata: coloro che non gradivano i miei scritti non mi hanno obbligata
a tacere, si sono limitati a consegnarmi il bavaglio. Il resto l’ho fatto io,
tutto da sola.
Paura? Stanchezza?
Magari entrambi.
Mi sono
presa il mio tempo, ho ascoltato il silenzio e mi sono ricordata che provengo
da una cultura in cui la parola “Ti amo” non esiste. Per noi sardi il “Ti stimo”
ha un significato di profonda devozione alla propria individualità di esseri
pensanti e al concetto che l’altro non è un mero oggetto da possedere. Mi sono
ricordata che i quattro mori si sono tolti la benda.
Noi siamo
anche il posto dal quale proveniamo e la voce del mare che ho dentro di me mi
dice di essere me stessa. Mi dice: Fallo e basta!
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