
Nietzsche, il padre
dell'eterno ritorno, sosteneva che il concetto di ciclicità non
richiama soltanto le gesta eroiche, ma anche (forse anche più
velocemente e ripetutamente) le quotidianità: un mal di denti, un
litigio, l'amore felice e l'amore infelice.
Siamo abituati ad alzarci la
mattina e vedere il sole sorgere, così come siamo abituati a
bruciarci se mettiamo la mano nel fuoco: abitudini le chiamava Hume,
abitudini falsificate dalla credenza che dato una causa allora ecco
spuntare l'effetto. Le posizioni del filosofo scozzese, a mio parere,
sono meno paradossali di quanto non si creda.
E comunque hanno molto più
senso logico dei falsi paradossi che la politica si inventa tutti i
giorni per giustificare l'ingiustificabile.
Il punto però è: è lecito
aspettarci quel qualcosa che renderà la nostra vita meno puerile o
la nostra è solo una spinta alla Samuel Beckett?
Sarà che credo fermamente
nell'assioma weberiano, secondo cui il disincantamento del mondo
porterebbe inesorabilmente alla disumanizzazione radicale. E la dove
il tutto è molto più che la singola parte, direi che il rischio di
una società cronicamente malata è molto più forte se le
singolarità rispondono all'imperativo solipsistico del “me ne
fotto del domani”.
Se tutti la pensassero in
questo modo non ci sarebbero rivoluzioni né cambiamenti di sorta.
Se vogliamo un mondo
differente (non necessariamente migliore visto che persino la
grammatica ci insegna che i comparativi possono essere di maggioranza
ma anche di minoranza) è necessario, come primo termine del nostro
sillogismo, immaginarci qualcosa di diverso. Avere aspettative e
guardare il futuro con la meraviglia aristotelica.
Mi rendo però conto che
questo è più facile a dirsi che a farsi.
In primo luogo perché la
mia generazione è alquanto sfigata...
Quel tutto di cui molti
delle precedenti generazioni parlano – chi non ha mai sentito la
frase: “sono fortunati perché hanno tutto”, è un vuoto a
perdere che non verrà riciclato né oggi né domani.
La domanda è: come potrà
esserci l'aspettativa futuristica in una realtà in cui personaggi
che credono di poterti convincere che 300 euro al mese (forse) per
lavorare sette giorni su sette, categoria D, senza guadagni
aggiuntivi né onori, al massimo un aumento di oneri, sono una
possibilità per entrare nel mondo del lavoro, la fanno da padroni?
Come potremo guardarci allo
specchio e non osservare solo quello sguardo vacuo di chi non ha
nulla da perdere solo perché non ha mai guadagnato niente?
Siamo gli antieroi in una
società spietata che calcola solo i guadagni delle scelte e non la
sostanza delle scelte stesse.
Siamo gli antieroi e non c'è
permesso neppure di indossare una stupida tutina azzurra con la S di
Sfigati incisa a caratteri cubitali sul petto.
Non c'è permesso di
indossare la maschera perbenista della vecchia borghesia che andava a
puttane, rigorosamente senza preservativo perché anche l'aborto
preventivo è peccato; e faceva patti con il diavolo, tanto se le
corna non si vedono è tutto in regola.
Ma non voglio dare
l'impressione di una che si è arresa. Anzi.
Il mio idealismo alla Peter
Pan mi porta ad essere un'inguaribile ottimista. Sono una di quelle
rivoluzionarie che alla domanda dell'orwelliano O'Brien: “Se
tanto per fare un esempio, potesse risultare utile per i nostri scopi
gettare dell'acido solforico in faccia a un bambino... saresti pronto
a farlo?”, avrei risposto NO
con sicurezza. Perché la rivoluzione sociale è molto più che un
ruotare attorno al proprio sole: spesso è solo un andare
controcorrente per sconfiggere semplicemente le paure che ci hanno
impedito di andare oltre.
Siamo gli antieroi 2.0...
I rivoluzionari del lavoro
precario...
Siamo quelli che davanti
alla domanda chi butteresti dalla torre? Non
ci lasciamo spaventare, né sentiamo impedimenti di sorta nel dare un
risposta immediata, secca, decisa.
Gli
antieroi 2.0 potranno non avere un loro personale costumino idiota o
uno status socio-economico venerato dalla religione capitalistica, ma
possiedono la consapevolezza che qualunque risposta, a quella
domanda, è sbagliata. E questo solo perché a quesiti così stupidi
non esistono risposte intelligenti.
Siamo
coloro che sanno che il potere conserva ancora l'immagine di un
grosso Leviatano che divora le sue vittime e poi le sputa, e chiede
persino che qualcuno gli tolga i residui dalla bocca con uno
stecchino.
Winston
Smith ha commesso un terribile errore nel rispondere Sì alla
provocazione del Grande Fratello: non puoi cambiare il mondo se sei
disposto a commettere le stesse aberrazioni di coloro che combatti.
“Te l'avevo detto,
Winston, che la metafisica non è il tuo forte. La parole che cerchi
è solipsismo”.
Questa battuta è la
dimostrazione secondo cui nulla esiste esternamente all'uomo...
Ma la verità è altro da
ciò che rivendicava O'Brian e da ciò che fantasticava il povero
Winston.
La verità è che se
smettiamo di aspettarci qualcosa di speciale dall'estate, finiremo
col vivere solo degli inverni piovosi.
La verità è che finché
non diverremo coscienti della nostra forza, non ci ribelleremo e,
finché non ci ribelleremo, non diventeremo coscienti della nostra
forza.
La verità è che anche
questo pensiero lo può formulare chiunque: un'apoditticità che
rende tutte le rivoluzioni tristemente sterili.
Comunque non inutili alla
causa.
Peccato
ci si lamenti sempre della scarpa, quando dovremo imparare lamentarci
del piede...
MICHELA PISU
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